VAJONT, 9
ottobre 1963-2013: 50 anni dopo
28/09/13
|
In occasione del 50° anniversario della tragedia del
Vajont, molte sono state le iniziative, commemorazioni,
rivisitazioni, testimonianze, racconti, programmi radio e
televisivi di rilevanza non solo locale. Sull'onda di
questo, anche a me è venuta voglia di rilasciare la mia
testimonianza e rendere pubblico quanto più volte espresso
solo ad amici. Ho pertanto scritto una lettera pubblica,
che è stata pubblicata dal Gazzettino di Belluno il giorno
29/09/13, corredata da articoli e commenti. Questa: vajont_parte1.pdf
Il mio scritto ha suscitato forti reazioni ed è
rimbalzato su molti altri media, sia locali che nazionali
e la Procura di Belluno ha aperto un'inchiesta. Di seguito
trovate alcuni link utili a seguire il filo del
discorso... se lo volete seguire.
|
30/09/13
|
verbali - Sono i verbali della
testimonianza di mio padre, Isidoro Chiarelli, e degli
altri due in questione, a cui faccio riferimento. Premetto
che ho scritto la lettera sulla base dei miei personali
ricordi, prima di leggerla con i miei occhi all'Archivio
di Stato di Belluno. Leggendoli ho focalizzato che la
conversazione è avvenuta il giorno prima non un
generico qualche giorno prima e che oggetto della
compravendita erano proprio i terreni destinati alla
sommersione.
|
01/10/13
|
- TG Veneto Edizione delle 19.30
|
02/10/13
|
-
L'intervista che ho rilasciato ad Antenna3
- Il generico servizio di Antenna3:
"Una novità che inquieta"
- Le precisazioni dell'avvocato Pierluigi
Chiarelli
|
03/10/13
|
- Ulteriori commenti pubblici di Pierluigi
Chiarelli
|
04/10/13
|
- TG1 TVsette (dal min. 22): "Il
rumore del Vajont"
|
5-6/10/13
|
- 6 interviste su radio RCB
|
06/10/13
|
- "Mix24" su Radio 24, di Dario
Ceccarelli - 6/10/13 "Vajont: 50 anni dopo, una ferita
ancora aperta" (generico)
|
07/10/13
|
- i geologi
a convegno presentano importante libro (che da
vent'anni cercavano, ostacolati, di pubblicare: "Che Iddio ce la mandi buona") e
danno credito alla dichiarazione inascoltata di mio padre
|
08/10/13
|
- "Mix24" su Radio 24, di Gianni
Minoli - "Il disatro del Vajont cinquant'anni dopo"
|
09/10/13
|
- Sky TG 24
- Rai 3 "Pane quotidiano" di Conchita De
Gregorio
- il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,
fa un importante comunicato in cui, finalmente,
chiede scusa
|
11/10/13
|
- Vajont: perché non si evacuò?
Commenti di Sergio Bernardi.
|
12/10/13
|
- Marco
Paolini 1997 - la parte in cui parla della frana
|
13/10/13
|
Trascorsi i giorni intensi delle celebrazioni, ho
ritenuto di scrivere questa seconda lettera pubblica, per
tirare un po' la sintesi e aggiungere commenti.
Questa: vajont_parte2.pdf
|
24/10/13
|
Il giudice Fabbri partecipa a una serata a Limana.
Dall’istruttoria alla sentenza, la
testimonianza del giudice Mario Fabbri sui fatti del
Vajont
|
22/01/14
|
Dov'è il tanto sbandierato "Portale del Vajont?".
Tutti i documenti sono digitalizzati, pubblici e "a breve"
su un portale protetto dall'Unesco... dicono. In occasione
della mostra degli atti del Vajont, a Belluno (in prestito
da L'Aquila), sono andata a cercare documenti, la
requisitoria di Mandrino, per esempio, o la istruttoria di
Fabbri, per esempio, che mi parrebbero interessanti da
leggere. Si trova molto, ma approfondire è ancora molto
difficile, ... per così dire.
Gazzettino_22-01-14.JPG
|
31/01/14
|
Le ricerche all'archivio notarile di
Pierluigi Chiarelli: l'unico che in tutti questi
anni ha cercato gli atti di acquisto da parte della Sade e
che dimostrano in modo inequivocabile come anche il
geometra Zambon, che interveniva per i venditori, fosse in
realtà legato alla Sade, tanto da negare anche lui la
conversazione nello studio di mio padre. Che la negasse
Cavinato era già piuttosto scontato, essendo all'epoca
rappresentante degli acquirenti Sade. In effetti, in tutti
questi mesi, non ho trovato nessuno, nemmeno i più ostili,
negare sulla verità di quanto affermato da mio padre, i
più ostili si limitano a ipotizzare che si è trattato di
una frase azzardata buttata lì senza sapere e che per pura
coincidenza si è concretizzata. C'è una contraddizione
logica nella negazione di Zambon e Cavinato: se la Sade
era davvero in buona fede quando ha reputato che era
esagerato far evacuare anche sotto la diga, perché negare
e far negare che sapeva dal giorno prima? Che lo sapessero
è un fatto, non una ipotesi. E' la gravità delle
conseguenze non previste che lo nasconde ai più.
|
18/02/14
|
A proposito di dinamite: Gazzettino_18-02-14.jpg
|
I Libri
Sul tema Vajont sono stati scritti fiumi di inchiostro e di byte,
perché si tratta di una delle vicende giudiziarie e geologiche e
tecniche e politiche e burocratche più difficili e importanti
nella storia d'Italia. Invito pertanto chi si avvicina al tema a
prenderne atto, e, se ne ha la voglia e l'impegno, di leggere
almeno i libri più importanti, direi senz'altro almeno questi:
- "Sulla pelle viva" di Tina Merlin: pubblicato
molti anni dopo (nessuno lo voleva pubblicare), ripercorre le
fasi precedenti la catastrofe, dal punto di vista di una
giornalista coraggiosa e di ertani preoccupati.
- "Vajont: genocidio di poveri" di Sandro Canestrini:
strepitosa e intensa arringa finale dell'avvocato dell'accusa,
che ha approfondito le questioni della responsabilità.
- "Mors
inimica venit" di Giorgio Tosi: arringa
finale dell'avvocato dell'accusa che ha approfondito le
questioni tecniche.
- "Vajont:
l'onda lunga" della giornalista Lucia Vastano:
che approfondisce invece tutto quanto è seguito quella data,
comprese le compravendite di licenze, i rimborsi, i superstiti,
i sopravvissuti. Anche questo è un libro che ha subìto
difficoltà di pubblicazione.
- "Vajont senza fine" del giornalista Mario Passi:
che ben ricostruisce tutte le vicende, meglio che può, pur coi
limiti di un giornalista a cui ogni tanto sfuggono dettagli
vari, ma solo dettagli, direi.
- "La storia del Vaiont" del geologo Edoardo Semenza:
il noto figlio di Carlo. E' un libro molto preciso, ben più di
altri, che mette in luce quanto di positivo c'è stato da parte
dei dirigenti responsabili e ridà il giusto onore al padre, fra
i pochi davvero preoccupato.
- "ll Grande Vajont" di Luigi Rivis: anche questo
molto preciso nelle sue ricostruzioni tecniche, viste dal punto
di vista del vicedirettore di Soverzene che ha perso molti suoi
colleghi e che per una casualità è vivo per raccontarlo, che
quella sera era stato invitato ad assistere alla discesa della
frana e che il giorno prima è stato mandato in diga per
preparare le paratoie in modo che potessero essere eventualmente
usate la sera dopo. E' anch'esso un testo di parte, che difende
nei suoi lati positivi, la buona fede sua e dei suoi superiori.
- "Il Grande Vajont" di Maurizio Reberschak,
corposo libro particolarmente ricco di informazioni, scritto da
uno studioso che ha approfondito le vicende del Vajont. Riporta
documenti e saggi.
- "Che Iddio ce la mandi buona" di
Alvaro Valdinucci e Riccardo Massimiliano Menotti:
ricostruzione tecnica a cura di valenti geologi che analizza le
questioni geologiche e parte delle pesanti responsabilità di chi
quei segnali geologici li conosceva meglio di altri. Ci sono
voluti 20 anni per poterlo pubblicare, presentato finalmente a
ottobre 2013.
- Per ulteriori punti di vista rimando a: http://vajont.info/libri.html
Sono tutti libri di parte, di parti diverse, chi più chi meno,
usciti in tempi diversi, anche recenti, anche rieditati. Ciascuno
dei vari autori vede meglio una propria fetta di competenza e
peggio altre, quindi è utile leggerle tutte, volendosi fare una
idea complessiva più vicina al vero.
Per quanto mi riguarda, sono ancora in fase di studio: di dettagli
me ne mancano ancora molti, ma il succo continuo a confermare lo
stesso, e cioè che hanno pensato di poter manovrare una montagna
nella sua ormai inevitabile discesa (comunque non certo naturale),
ci hanno provato restando nell'ottimismo più sfrenato e
presuntuoso (salvo lodevoli ma inefficaci eccezioni), conoscevano
con sufficiente anticipo il momento del collasso (ora più ora
meno) almeno dal giorno prima (questo è un dato storico
accertato che nessuno studioso nega), ma hanno continuato a
tranquillizzare tutti, mantenendo un riserbo che dura ancora oggi
... e confidando nel buon Dio! Biadene, Pancini e Sensidoni non
avevano la famiglia da quelle parti: mi chiedo se avrebbero messo
anche loro in un tale rischio o se magari, giusto per prudenza, li
avrebbero mandati in gita altrove, per quel giorno. Non lo sapremo
mai, solo loro lo sanno, forse. Il suicidio di Pancini mi dà un
parziale risposta a questo interrogativo. Ma è ormai inutile
saperlo per chiunque, troppo tardi.
Quello che mi sconcerta in tutta questa vicenda è notare come il
senso gerarchico del lavoro, la fiducia nei superiori, lo spirito
di appartenenza ad un gruppo, abbiano prevalso sul comune buon
senso che terrebbe persino le capre lontane da qualcosa di
istintivamente pericoloso... (ho trovato varie testimonianze su
come diversi animali hanno presagito il peggio: dai canarini alle
mucche e le capre). Ma è pur vero che una cosa del genere, tanto
grave, non era mai capitata prima ed è facile dire oggi che
avrebbero dovuto prevederla in tutta la sua reale pericolosità:
non si può mai usare il metro di oggi per fatti di ieri, è
evidente.
Molto ruota attorno alle motivazioni che hanno portato
all'ultima e fatidica richiesta di invaso, che è appunto quella
che ha fatto scivolare il gigante, rendendogli bagnati e scivolosi
i piedi e la schiena. Al momento le ipotesi sono 3: la necessità
di arrivare al collaudo dell'impianto (cioè alla quota massima),
la necessità di avere un serbatoio d'acqua per l'irrigazione in
pianura, la necessità di liberarsi una buona volta per tutte di
quella spada di Damocle. Si tratta di ipotesi, visto che non c'è
scritto nero su bianco nulla in un senso o nell'altro, solo
documenti burocratici che poco dicono delle reali motivazioni
sottostanti. Quindi ciascun esperto si è fatto la sua idea in
proposito su ciò che ciascuno ritiene più verosimile. A me pare
verosimile che è stata una somma delle 3. E la tracotante fiducia
illimitata nella scienza e nel buon Dio hanno fatto il resto.
Quanto alla imprevista velocità di discesa, i ricercatori
di tutto il mondo si sono dati molto da fare e tuttora ci sono
studi importanti in corso. La risposta tecnica prevalente
coinvolge uno strato di argilla e tutti sono concordi nel dire che
si tratta di una questione geologica molto complessa non ancora
del tutto chiara. E' esattamente quello che ha cercato di far
notare mio padre ai due nel suo studio: avrete pur fatto tutti i
vostri conti e prove, ma è qualcosa che nessuno ha mai fatto e
quindi impossibile da prevedere, non potete essere certi del
risultato! Fate evacuare di più!
I documentari
Fra i tanti documentari segnalo l'ottimo e recente "Quei secondi fatali" (completo qui: https://youtu.be/ZjT8AnIPFfg) del National
Geographic, 2013, in cui il professore inglese David
Petley (Geography Institute of hazard and risk research)
racconta perché la frana è scesa tanto velocemente e, come esterno
non di parte, deduce come evidente il fatto che hanno cercato di
manovrare una montagna con vasi e svasi programmati, non
riuscendoci, evidentemente. Per chi ha voglia di studiare il suo
dotto saggio (in inglese) eccolo qui: petley_geomorphology.pdf. Dal documentario
del National Geographic estraggo in particolare:
- Min. 25.15: "…i due [CSemenza e Müller] sono
convinti di poterne controllare la velocità di caduta nel
bacino. Semenza e Müller propongono
quindi di causare una frana controllata usando
la profondità del lago come l'acceleratore e il freno di
un'auto. E dando il via alla produzione di energia elettrica!".
- Min 28.15: "...26 settembre 1963. Negli ultimi due anni i
tecnici della diga hanno sistematicamente aumentato e
diminuito il livello dell'acqua del lago per
far scivolare lentamente la frana nell'invaso.
Finora il piano ha funzionato. Due settimane prima del
disastro la frana si è mossa di un totale di 3 metri. [DPetley:]
Ora i tecnici della diga sono
sicuri della loro capacità di controllare la frana.
[voce narrante:] Il lago non è mai stato così profondo.
245 metri dalla base della diga, 10 metri in più del livello
massimo stabilito da Semenza. [DPetley:] Stavano
chiaramente facendo di tutto per arrivare al punto di far
cadere la frana nel lago, quindi spingevano
l'acqua al livello più alto a cui pensavano di poter arrivare."
Interessante e ben fatto anche quello della TV Svizzera,
2003:
https://www.youtube.com/watch?v=m6wJhFeFElY
o anche: tvsvizzera_ott2003_ld.mp4
In particolare trovo interessante e apprezzabile il commento di Marco
Paolini, alla fine, che commenta appunto il fatto che, pur
sapendolo con preciso anticipo, c'era tutto il tempo e il motivo
non dico di sfollare ma almeno di avvisare adeguatamente, dato che
il risultato era fortemente incerto, tanto da far scrivere a
Biadene "...che Iddio ce la mandi buona".
- Min. 34.18: "…io non sono un geologo,
quello che so per certo è che nel momento in cui era
evidente il rischio degli ultimi giorni, e poi degli ultimi
4 giorni e poi delle ultime 24 ore, nessuno ebbe l'autorità
per ordinare uno sfollamento della popolazione, giocando
tutte le carte sul jolly del fatto che la frana sarebbe
caduta esattamente come era previsto nei calcoli. Sa, quando
si dice 'rischio calcolato', la domanda che mi faccio è 'da
chi?' perché se quello è il modo di calcolare i rischi io
non ho alternative al pensare che la storia del Vajont è
semplicemente il fatto che non si possano dare deleghe alla
scienza, ai tecnici di tutelare la salute e la vita altrui.
È ovvio. Una comunità dopo il Vajont, le comunità avrebbero
dovuto imparare a prendere il proprio destino sulle proprie
mani con maggiore forza, invece si dimentica, si allenta e
la comodità della delega ci riporta a fare come allora."
Altro ottimo documentario, in due parti di Lost
Structures (set-ott/2023):
parte 1: https://youtu.be/-r-30Ai1xVg
parte 2: https://youtu.be/RpKkE6zGJjs
-------------------
Nella parte seconda:
- 15.51: "Biadene era un burocrate più che un tecnico capace ed
ebbe la presunzione di capire e poter CONTROLLARE la
grande frana rinunciando alle consulenze geologiche di Edoardo
Semenza e di Leopold Müller."
- 16.05: "Il nuovo approccio condiviso dai suoi tecnici per
domare la montagna prevedeva di PROVOCARE una
caduta controllata mediante un ciclo di invasi e svasi rapidi
nella convinzione di poter accelerare o rallentare lo
slittamento della frana alzando o abbassando la quota del lago."
- 17.31: "Per Biadene tale necessità era considerata prioritaria
e nell'estate del 1963 ordinò di procedere con il terzo invaso
aumentando progressivamente la quota del lago fino a 710 metri."
- 17.44: "Ma il fine era anche di FAR SCIVOLARE LA
FRANA IN MODO CONTROLLATO eliminando definitivamente
il problema."
- 18.12: "ora lo scivolamento non rispondeva più alle teorie di
Müller"
Commenti pubblici miei a quel filmato:
Ottimo documentario. Finalmente si sta
cominciando a dire che la frana è stata causata di proposito, non
che è cascata per sola distrazione, che il collaudo non è stata
l'unica ragione, ma lo è stato anche il VOLER far cadere la frana
per rendere stabile l'impianto. Questo è ovvio per chi, come voi,
da fuori e più giovani, studiate in modo approfondito e estraneo i
fatti. Non avete idea di quale contributo positivo avete appenda
dato. E vi ringrazio. Faccio solo un paio di piccole aggiunte
tecniche:
- (rif. min. 17.31. "nell'estate del 1963 ordinò di procedere con
il terzo invaso"): no, è iniziato a primavera 1963;
- (rif. min. 18.12: "9 ottobre ... ora lo scivolamento non
rispondeva più alle teorie di Müller"): no, a non rispondere più
ha iniziato a fine agosto, motivo per cui hanno fermato l'invaso e
il lago è stato fermo dai primi di settembre (mi pare il 4) al 26
settembre, quando hanno ordinato lo svaso, preparandosi appunto
all'imminente ovvia franata (rif. "Forecasting giant, catastrophic
slope collapse: lessons from Vajont, Northern Italy", di Kilburn e
Petley, 2003).
La Luna
|
Questo è un dettaglio di poco conto, data l'enormità di
tutto il resto, ma io lo trovo molto interessante dal
punto di vista psicologico, per questo lo espongo qui.
Mi sono tolta la curiosità di verificare con certezza
quanto testimoniato da tutti i superstiti e poi
pedissequamente riportato senza verifica su film,
docufilm, rappresentazioni teatrali, disegni, ... Unica
eccezione che ho trovato: a pagina 19 de "La storia del
Vaiont", di E. Semenza, sempre molto attento e
preciso.
Quasi tutti sono convinti di ricordarla piena, o al
massimo quasi piena, nessun dubbio. Ma è suggestione,
probabilmente dovuta al fatto che l'attenzione collettiva
era posta con forza altrove, e al fatto che mancava la
corrente elettrica ovunque per chilometri ed era una notte
molto limpida.
In realtà era esattamente a metà, proprio quel
giorno, terzo quarto di luna calante. Lo conferma anche la
NASA:
http://eclipse.gsfc.nasa.gov/phase/phases1901.html
Quella sera sorse all'orizzonte alle 23, quindi da
Longarone si sarà vista attorno a un'oretta dopo circa (o
comunque ben dopo e coincide coi ricordi collettivi),
essendoci le montagne in quella direzione (cioè verso est,
verso la diga).
|
|
|